Filosofia

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Azienda Agricola La Tosa Filosofia Azienda Agricola La Tosa Filosofia Azienda Agricola La Tosa Filosofia Azienda Agricola La Tosa Filosofia

La storia

Due fratelli nati a Milano da madre piacentina, originaria del paese di Vigolzone, e da padre milanese. Destinati per volontà propria a seguire le orme paterne, ossia ad abbracciare la professione medica. Nessuna traccia di passione per essa, solo la speranza, iniziati gli studi di Medicina, che questa passione prima o poi spuntasse. Invece, la fiamma della passione per il vino che inizia ad ardere Stefano sin dall’età di diciassette anni, e la sua partecipazione ai primi corsi di degustazione, con l’Associazione Italiana Sommeliers, appena compiuti diciott’anni nel 1978, in un’epoca ancora infantile per la cultura del vino in Italia.

Successivamente, anni durante i quali la frequentazione di tutti i livelli dei corsi, l’acquisto e la degustazione dei vini, le visite alle aziende, lo studio degli aromi erano per lui pane quotidiano. Nel frattempo, a metà degli anni settanta, l’acquisto di una casa per passare le vacanze in collina, nel comune di provenienza del ceppo familiare materno. La passione da parte di Ferruccio per la vita di campagna vissuta lì durante i fine settimana e la scarsa dimestichezza con quella cittadina. L’acquisto, nel 1980, di due appezzamenti di terreni confinanti con la casa, uno dei quali contenente una vecchia cascina chiamata La Tosa, che erano in vendita in quel periodo, col desiderio, covato da tutta la famiglia, di avere un’azienda agricola da seguire come hobby.

L’impianto dei vigneti, che in quei terreni erano stati presenti sino agli anni sessanta, e la cura degli stessi durante i week-end, con l’aiuto di un agricoltore confinante. Finalmente, nel 1984, quasi da un giorno all’altro, la decisione da parte di Stefano e Ferruccio di trasformare l’hobby in professione, e di dedicarsi quindi a tempo pieno al lavoro di vitivinicoltori. Il trasferimento definitivo a La Tosa, l’immediata iscrizione di Stefano all’Università Agraria di Piacenza, l’inizio della ristrutturazione della vecchia cascina e la successiva costruzione della cantina.

Nel 1985, la produzione del primo vino: mille bottiglie di Gutturnio, così poche anche a causa di una forte grandinata che quell’anno aveva falcidiato la grande maggioranza dell’uva.

Dopo la morte del padre di Stefano e Ferruccio, all’inizio del 1987, a lavori edilizi non ancora ultimati, si accentua il loro impegno, in terra allora quasi esclusivamente votata alla produzione di vini leggeri e frizzanti, ad esplorare quella che ritenevano essere la vera vocazione del loro microterritorio, dare vini più profondi e concentrati, quasi esclusivamente vini fermi, e si accelera il loro processo di apprendimento del territorio stesso e del mondo vino in generale. Nel 1988 quindi, Stefano passa un anno in Franciacorta, presso la Cà del Bosco della famiglia Zanella, a lavorare ed imparare: grazie anche a ciò, per la prima volta in provincia di Piacenza, La Tosa da quell’anno utilizza tecniche quali il diradamento dei grappoli e altre forme di trattamenti sul verde.

Successivamente, per diversi anni, per Stefano tanta esperienza in Francia (Bordeaux, Alsazia, Loira, Borgogna, Linguadoca, Provenza), con visite ad aziende e corsi di approfondimento presso l’Università di Bordeaux e l’INRA di Montpellier. Soprattutto, tanta esperienza nei vigneti e nella cantina de La Tosa, tante prove, tanta ricerca, tra errori, correzioni di rotta e messe a fuoco dell’identità della propria zona, dei propri obiettivi e dello stile che unificasse entrambi. E nel corso di questi quasi trent’anni, tanto lavoro per far conoscere i vini e il territorio. Anche tante persone, giornalisti, ristoratori, enotecari e appassionati, che hanno contribuito a divulgare il nome de La Tosa.

Il riassunto della nostra storia è questo: una pura passione che si fa professione, dalla passione nutrita e alimentata. Una storia che continua con lo stesso spirito della prima vendemmia.

Il pensiero

Il pensiero

Per noi produrre vino non è tanto un atto creativo, quanto interpretativo. La sua anima, le sue caratteristiche, sono già scritte nel libro della natura, e le pagine sono pezzi del suo territorio. Sta a noi sfogliarle sino a trovare quella giusta, e poi tradurla, e infine interpretarla. Ma senza avere idee preconcette su come vogliamo diventi quel vino, senza modificarne l’essenza. Come un genitore con un figlio: allevarlo in modo che acquisisca tutti gli strumenti per potersi esprimere secondo quelle che sono la sua personalità, attitudini, carattere, non secondo la personalità del genitore.

Ciò influenza tutte le nostre scelte produttive. Perciò ogni vitigno è da noi coltivato in modo diverso dall’altro, in base alle sue peculiari caratteristiche: essendo il Sauvignon un vitigno nordico, lo coltiviamo in modo che i grappoli siano riparati dal caldo e dalla luce, essendo la Malvasia un vitigno mediterraneo, favoriamo il contatto della bacche col sole e il calore. E ugualmente, ogni vino è da noi vinificato in modo diverso: il Vignamorello, figlio esuberante fisicamente, ricco di colore ma non ricchissimo di tannini, per via della Barbera, ha un passaggio in legno breve, inteso per lo più come presa di spezia, mentre il Luna Selvatica, figlio più studioso in virtù della sua ricca dotazione fenolica, sosta in legno almeno un anno. E ogni annata è da noi affrontata in modo diverso, essendo ognuna un mondo a se stante.

Parafrasando ciò che ha detto un famoso cuoco a proposito del fare avanguardia: conoscere tutto e dimenticarsi di tutto. I principi guida che ci ispirano e che allo stesso tempo ricerchiamo sono equilibrio, serietà, rigore, semplicità, inquietudine controllata.

Considerare ogni aspetto in ciò che si fa, essere sempre aperti a tutti gli stimoli e le innovazioni, inquieti ma sempre con una direzione ben chiara nella mente, tenere presente che davvero niente è come sembra, essere rigorosi, non trascurare nessun particolare, leggere e interpretare la natura con purezza e semplicità. Ed infine, l’equilibrio, mai perfettamente raggiunto ma sempre ricercato: equilibrio in tutte le nostre decisioni ed equilibrio con la natura, la cui anima deve essere rispettata, il cui buon stato di salute mantenuto e la cui identità letta e disvelata in ogni sua piega. Il tutto per ottenere un vino in armonia coi propri genitori (terreno-clima, uva e lieviti), con noi, con chi lo beve, un vino che sia, in virtù delle caratteristiche del nostro territorio e del nostro modo di lavorare, ricco, concentrato, profondo, complesso, longevo, ma che non si dimentichi mai di essere emiliano, quindi anche immediato, solare, armonico, privo di intellettualismi, un vino che conservi tutta la piacevolezza dell’ambiente natura-uomo della nostra regione.

Le persone

Stefano Pizzamiglio

Nato a Milano nel 1960, assieme al fratello Ferruccio ha fondato La Tosa nel 1980. Dopo aver abbandonato nel 1981 il mondo della sua più estrema passione, la poesia (il cielo), e nel 1984 gli studi di Medicina (la terra), mutando in lavoro l’altra sua grande passione, il vino (l’aquilone, che si libra in cielo collegato alla terra dal filo), ha realizzato se stesso. Gli studi all’Università di Agraria di Piacenza, uno stage di un anno alla Cà del Bosco in Franciacorta e tante visite ad aziende e corsi di aggiornamento all’estero hanno completato la sua formazione di tecnico di vigneto e di cantina. Di carattere estroverso venato di riflessività, in azienda si occupa di tutte le scelte tecniche riguardanti il fare il vino, svolge diversi lavori manuali in vigneto e in cantina e segue i settori pubbliche relazioni e commerciale.

Ferruccio Pizzamiglio

Nato a Milano nel 1958, nel 1984 ha deciso di lasciare la città di Milano e di realizzare il suo sogno di vivere in campagna, iniziando, assieme al fratello Stefano, l’attività professionale de La Tosa. La sua grande passione per la conservazione e lo studio di tutto ciò che è antico l’ha portato ad arricchire l’azienda di oggetti della tradizione contadina, a raccogliere libri sulla storia e le bellezze artistiche e naturali del Piacentino, a creare il Museo del Vino, acquistandone e restaurandone tutti i pezzi, e la Biblioteca annessa, e ad animare e seguire associazioni e iniziative culturali del paese di Vigolzone. Di carattere riservato e metodico, in azienda si occupa di tutto il lavoro d’ufficio, dell’amministrazione e dell’organizzazione della logistica, e svolge diversi lavori di cantina.

Augusta Bianchini

Nata a Modena nel 1958, è l’unica persona della famiglia ad avere origini contadine: figlia di genitori frutticoltori, nel distretto di Vignola, non aveva seguito le loro orme ma, pur lavorando per anni come segretaria d’azienda, aveva maturato una grande passione per il vino di qualità. Sposando Stefano nel 1998, ha incominciato ad affiancarlo nel lavoro del vigneto e delle pubbliche relazioni. Di carattere scoppiettante e veracemente emiliano, in azienda si occupa di agriturismo, seguendone l’organizzazione generale e prendendosi cura della sala e dell’accoglienza delle persone.

Elise Francese

Nata a Lione nel 1966 da genitori italiani, è in pratica francese due volte. Laureata in Infermieristica, disciplina che ha praticato per anni nella sua città natale, ha sempre avuto la passione per la cucina, che ha coltivato sviluppando uno stile fatto di armonia, finezza, leggerezza. Dopo aver sposato Ferruccio nel 2000, ha trasformato questa passione in professione. Di carattere riservato e tenace, in azienda si occupa di agriturismo, seguendone l’organizzazione generale e gestendo la cucina e l’approvvigionamento delle materie prime presso agricoltori ed allevatori.

I nostri collaboratori per il vino

Alberto Passerini, Emil Pizzamiglio, Emilio Santi, Michele Bertuzzi, Alessandro Baldini.

Le nostre collaboratrici per l'agriturismo

Gloria Pizzamiglio, Emma Pizzamiglio, Marisella Araldi, Aicha Caf, Silvia Alparone.

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Il territorio

È bello il paesaggio de La Tosa, tra boschi, vigneti, declivi verdi e una natura poco contaminata, popolata da animali come scoiattoli, caprioli, daini, volpi, cinghiali, tassi, pernici, aironi cenerini e cormorani. È così selvatica perché si tratta di un pianoro di terra scarsamente fertile e boscosa, che quindi in passato poco aveva attirato l’uomo. Separa l’imbocco di due valli, la Val Nure a est e la Val Trebbia a ovest, ha una lunghezza di cinque chilometri e digrada dolcemente, da sud verso nord, da un’altitudine di 300 a una di 150 metri.

Dal punto di vista pedogeologico appartiene alla tipologia delle Terre Rosse Antiche, presenti nelle province di Piacenza e di Parma, lembi di pianura sollevatisi centinaia di migliaia di anni fa, seguendo l’innalzamento degli Appennini. Sono le terre più antiche di tutta l’Emilia-Romagna, terrazzamenti formatisi dalla deposizione di sedimenti fluviali. Sono rimaste al loro posto da allora, non subendo particolari spostamenti e franosità. L’acqua piovana, cadendo a lungo sempre sulle stesse frazioni di suolo, le ha impoverite di azoto e di fertilità, e le ha invece arricchite di elementi minerali; inoltre ha sciolto e portato in profondità il calcare, attualmente quasi assente in superficie, così come ha anche trasportato e accumulato ferro e manganese sotto forma di noduli e concrezioni. Ecco perché sotto la superficie del nostro terreno si trovano numerosi Ferretti, concrezioni di ferro nerastre, ed ecco spiegato il colore rossastro del suolo, dovuto all’ossidazione del ferro.

Questi terreni, dunque poco fertili e ricchi di elementi minerali, sono tendenzialmente argillosi-limosi e subacidi, caratterizzati dal forte trattenimento dell’acqua, ad opera del limo, e delle sostanze, ad opera delle argille: il tutto, a favore della struttura, la complessità, l’intensità del colore, la longevità e la dotazione di aromi minerali dei vini.